martedì 24 marzo 2020

Simmel: Metropoli e personalità

Il filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel (1858 - 1918) si interessa per primo dal punto di vista sociologico dei fenomeni legati ai grandi agglomerati metropolitani.
Per Simmel la sociologia studia le forme dell’interazione più di quanto queste incidano effettivamente; egli analizza gli effetti sociali della modernizzazione. Per lo studioso le caratteristiche proprie dell’uomo metropolitano si suddividono in due tratti psicologici: 
-       in primo luogo, l’uomo è sottoposto a un rapido susseguirsi di stimoli sensoriali, distanti dalla lentezza e dall’uniformità delle impressioni tipiche degli abitanti delle piccole comunità o dei villaggi.
-       in secondo luogo, l’uomo vive in un ambiente i cui beni e le prestazioni sono monetizzati, cioè sottostanno alle leggi del mercato.

La divisione del lavoro porta alla frammentazione della vita sociale, e incoraggia l’individualismo e l’egoismo. Il denaro è la fonte e l’espressione della razionalità e dell’intellettualismo metropolitano. Riduce qualsiasi valore qualitativo ad una base quantitativa. La città moderna “la metropoli” porta ad una vita alienata. Nell’individuo metropolitano le sfere della famiglia e del vicinato perdono il loro peso, per essere sostituite dalla sfera dei mille contatti superficiali

domenica 22 marzo 2020

Domande e risposte (pag. 296)

1.   Che cos’è la legge dei tre stadi?

Questa legge consiste nel fatto che ogni nostra concezione fondamentale, ciascun settore delle nostre conoscenze, passa successivamente attraverso tre stadi diversi:
-          Lo stadio teologico o fittizio
-          Lo stadio metafisico o astratto
-          Lo stadio scientifico o positivo

      2.      Qual è stata l’importanza di Marx per la sociologia?

La riflessione di Marx genera la rappresentazione che abbiamo della società, cioè la tendenza degli uomini ad elaborare una visione della realtà condizionata dalla loro posizione sociale e dagli interessi a essa connessi. Con questa intuizione Marx offre un contributo importante alla nascita dello studio scientifico della società.

      3.      In che senso Durkheim parla di “dimensione sociale” del suicidio?

Durkheim parla di “dimensione sociale” del suicidio, dato che il suicidio avviene quando la società rende impossibile per l’individuo sopportare alcune situazioni.

      4.      Che cos’è un “tipo ideale” e qual è la sua utilità per l’indagine sociologica?

È il modello generale e astratto di cui il sociologo si serve per interpretare i meccanismi di una società.

      5.      A chi serve l’espressione “disincantamento del mondo” e a che cosa allude?

Il disincantamento del mondo allude a venir meno degli aspetti magici e religiosi della vita.
L’espressione serve allo studioso per accompagnare il concetto chiave di razionalizzazione. 

      6.      Qual è il contributo offerto da Pareto allo sviluppo della sociologia?

Il contributo offerto da Pareto allo sviluppo della sociologia è la consapevolezza, che la sociologia non è una disciplina specifica e distinta, ma che è caratterizzata da concetti e dottrine che riguardano la società, come anche il diritto, la morale e la politica.

      7.      Che cosa intende Park per “ecologia umana”?

Per ecologia umana Park intende lo studio delle complesse interazioni tra le popolazioni umane organizzate in comunità ed i fattori culturali del loro ambiente di vita.

      8.      In che senso, secondo Park, la realtà urbana produce nuovi “tipi” umani?

Secondo Park, con la divisione del lavoro conseguente all’urbanizzazione si sono create nuove figure professionali e nuove istituzioni, che sostituiscono le tradizionali relazioni tra le persone.

Weber e Pareto


Weber: la sociologia come studio delle azioni sociali

Karl Emil Maximilian Weber (1864 – 1920), benché in vita fosse considerato uno storico ed un economista, l’opera del tedesco può essere letta come il tentativo di superare questa opposizione tra la concezione del pensiero positivista della sociologia ed i nuovi modelli interpretativi che
provenivano dalla cultura tedesca a lui contemporanea.

Buona parte della sua ricerca si concentrò sullo sviluppo del capitalismo moderno. Subì l’influenza di Karl Marx, ma ne criticò molti aspetti: ad esempio, attribuì una minore importanza al conflitto di classe.

Secondo Weber, infatti, le idee e i valori influiscono sulla società allo stesso modo delle condizioni economiche.

Ha introdotto il concetto di azione sociale, che può essere definita come un’azione condivisa con altre persone e destinata a produrre effetti su altre persone. Lo storico classifica queste azioni in quattro diverse tipologie:

-   Azione razionale rispetto allo scopo (strumentale)

    Avere uno scopo chiaro e organizzare razionalmente i propri mezzi per
    conseguirlo, in rapporto alle possibili conseguenze. È tipica dell'agire
    economico.

-   Azione razionale rispetto al valore (morale)

    L'azione è conforme ai principi di valutazione: agire in base ai valori condivisi restando fedeli
    alle idee, senza tenere conto delle conseguenze.

-   Azioni tradizionali

    Abitudini acquisite. Obbedire a dei riflessi radicati da una lunga pratica senza chiedersi se
    esistano altre strade per raggiungere lo stesso scopo.

-   Azioni affettive

    Azioni di gioia o affetto, non dettate dal fine o dai valori, ma dalle emozioni, dall'umore,
    dall'espressione di un bisogno interno.

Il ricercatore elabora un suo modello interpretativo della società attraverso la costruzione di tipi ideali.

L'idealtipo o tipo ideale è una costruzione teorica che in sé contiene i dati storici e contingenti di determinati fenomeni, le cui relazioni e conseguenze sono riconducibili ad un unico modello con il quale è possibile comprendere i tratti essenziali di una realtà storico-sociale.

In breve, è il modello generale e astratto di cui il sociologo si serve per interpretare i meccanismi di una società.

Il tipo ideale funziona quindi come un modello di riferimento rispetto al quale inquadrare i singoli casi che si offrono all’osservazione dello studioso.

Per Weber il progressivo affermarsi nella cultura occidentale della consapevolezza che “tutte le cose possono – in linea di principio – essere dominate dalla ragione”, può essere sintetizzato nel concetto chiave di razionalizzazione.

Il disincantamento del mondo è un processo che l’autore definisce col venir meno degli aspetti magici e religiosi della vita. L’espressione serve allo studioso per accompagnare il concetto chiave di razionalizzazione.

Pareto: l’agire umano tra logica e non-logica

Vilfredo Federico Damaso Pareto (1848 - 1923) era un economista e sociologo che, appena laureato in Economia, partecipò attivamente alla battaglia liberista contro il protezionismo e l'asservimento dello stato a interessi privati.

Secondo il sociologo italiano, nei fatti umani vi sono sempre un nucleo costante e una parte variabile. Il primo è manifestazione di istinti, sentimenti, interessi, ecc. La seconda è costituita da ragionamenti:
-    logici, cioè azioni in cui la connessione tra “mezzi e fini”
     presente nella mente del soggetto agente ad una
     rispondenza oggettiva nella realtà;
-    non-logici, cioè azioni in cui questa rispondenza manca.

Pareto da alla prima parte il nome di residuo, alla seconda quella di derivazione.

All’origine dell’azione si trovano i residui, cioè delle predisposizioni di comportamenti selezionati dall’azione congiunta di fattori genetici e di fattori culturali. I residui, cioè gli istinti, le passioni, le emozioni, i sentimenti, non sono direttamente osservabili; sono rivelati dalle derivazioni e dai derivati, ossia dai ragionamenti coi quali si giustificano le azioni e dai sistemi che sistematizzano i ragionamenti.

Sintetizzando il principio di Pareto si può dire, che gli effetti più importanti delle interazioni vanno spesso al di là delle finalità intenzionalmente perseguite dai loro autori; la realtà sociale non può essere compresa unicamente partendo dagli scopi che gli individui perseguono o dai valori in base ai quali orientano il loro agire.

Marx e Durkheim


Marx: un’analisi storico-sociologica



Karl Heinrich Marx (1818-1883) è stato un filosofo, economista, politologo, giornalista, politico, sociologo e storico tedesco. L’intento di Marx è quello di realizzare un’analisi globale della realtà e della storia, dalla filosofia all’economia, dando spazio anche ad una precisa concezione della società. Il filosofo lo si può considerare il padre del “materialismo storico”. Per primo definisce tutte le attività umane “sovrastrutture”, le quali dipendono dall’economia (struttura principale). Quest’ultima influenza politica, cultura e tutte le atre espressioni della società umana.

Marx riassume la storia come la lotta delle classi sociali per il dominio economico-sociale tra “servi” e “padroni”; nell’epoca moderna tra proletari e borghesi. Secondo il filosofo è nella natura delle cose, che il proletariato si imponga sulla borghesia ed instauri una dittatura per poter poi giungere ad una società senza classi. Tale concezione di “evoluzione” del capitalismo prende il nome di comunismo.

Marx afferma che in ogni epoca, le idee dominanti sono sempre state solo le idee della classe dominante; questa teoria la sostiene il pensiero dei moderni teorici della borghesia, che considerano la proprietà privata come inscritta nell’ordine naturale delle cose.

Il filosofo chiama ideologia questa rappresentazione sfalsata della realtà, elaborata dai membri di una certa classe sociale per difendere i propri interessi. Il rovesciamento del dominio capitalista, conseguente alla lotta di classe, porta allo smascheramento dell’ideologia borghese e l’acquisizione da parte della classe operaia della consapevolezza (chiamata da Marx “coscienza di classe”) della propria condizione di sfruttamento.

Durkheim: il primato del sociale sull’individuale

Émile Durkheim (1858-1917) fu il primo docente universitario di sociologia a Bordeaux e poi a
Parigi. A differenza di Marx secondo Durkheim i fatti sociali sono l’oggetto della sociologia; per studiare la società e gli individui che la compongono, bisogna partire dal presupposto che la società trascende l’individuo e gli sopravvive. Sull’individuo operano tendenze collettive capaci di guidare le azioni e i pensieri degli individui. Il suo studio più importante è quello sul suicidio nel quale lui identifica il fenomeno delle morti volontarie come un fatto sociale. Il suicidio avviene quando la società rende impossibile per l’individuo sopportare alcune situazioni.

Il suicidio può essere di tre tipi:
-    Il suicidio egoistico (quando l’integrazione sociale è debole);
-    Il suicidio altruistico (quando l’individuo fatica a trovare la propria 
      individualità);
-    Il suicidio anomico – senza leggi – (quando viene meno il potere morale della società di 
     disciplinare le passioni dell’individuo).

Il suicidio, però, può essere prevenuto. Promuovendo, secondo Durkheim, la coesione sociale e rafforzando la conoscenza collettiva della società. Ne possiamo classificare di due tipi:
-    La solidarietà meccanica e tipica delle società preindustriali, fondata sulla somiglianza di 
     tutti gli individui a un tipo sociale unico.
-    La solidarietà organica, fondata sull’interdipendenza tra gli individui differenziati.


Padri fondatori

La Rivoluzione industriale suscitò tra gli intellettuali del periodo diversi atteggiamenti nei confronti dei mutamenti storico-sociali. Chi vedeva un’opportunità straordinaria per il progresso globale della civiltà; chi dichiarava un mutamento storico denunciando i costi umani spaventosi che l’industrializzazione portava e chi, invece, riteneva che, con questa rivoluzione, i valori morali e religiosi tradizionali fossero in pericolo.
Da queste differenti idee nacque un vivace dibattito sulla società e prese piede la sociologia come disciplina autonoma.

Comte: l’inventore della sociologia


Il filosofo francese Auguste Comte (1798 – 1857), padre del Positivismo e della Sociologia, era a favore dei cambiamenti in atto legati alla Rivoluzione industriale. Comte ritiene, che l’umanità sia giunta ad una tappa fondamentale della sua evoluzione, cioè al momento dell’affermazione dello spirito scientifico, definito col termine positivo.
Questa evoluzione la spiega nella sua opera principale: il corso di filosofia positiva (1830 – 1842).

Egli enuncia la cosiddetta “legge dei tre stadi”, col tentativo di spiegare la realtà fisica e sociale,
facendo riferimento alla conoscenza umana.
Sono tre metodi di filosofare, il cui carattere è essenzialmente differente e persino opposto.
Il primo è il punto di partenza necessario dell’intelligenza umana, il terzo la sua sistemazione definitiva e fissa, il secondo vale soltanto come momento di passaggio.
- Nello stadio teologico o fittizio lo spirito umano indirizza essenzialmente le sue ricerche verso la natura intima delle cose, i cui fenomeni naturali e storico-sociali vengono spiegati come il prodotto diretto dell’azione divina.
- Nello stadio metafisico o astratto gli agenti sovrannaturali sono sostituiti da forze astratte, vere entità inerenti ai diversi esseri del mondo (tendenza a sostituire gli dei con entità astratte).
- Nello stadio scientifico o positivo lo spirito umano riconoscendo l’impossibilità di raggiungere delle nozioni assolute rinuncia a cercare l’origine ed il destino dell’universo per dedicarsi unicamente a scoprire con l’uso combinato del ragionamento e dell’osservazione le loro leggi effettive. (conoscenza scientifica dei fenomeni).

Altra denominazione della sociologia per Comte è la cosiddetta “fisica sociale”: essa si divide statica sociale (che studia la struttura del sistema sociale e le relazioni esistenti tra le sue parti) e dinamica sociale (che studia invece lo sviluppo del sistema stesso, ovvero la sua evoluzione e le trasformazioni che subisce nel tempo).
Comte arriva ad immaginare l’avvento di una nuova religione “laica”, in cui l’Umanità sarà il nuovo “Essere supremo”, oggetto di adorazione e che, al pari di ogni religione, avrà i suoi templi, i suoi sacerdoti, perfino i suoi sacramenti, naturalmente ispirati al culto della scienza e dello spirito positivo.

Le tre grandi rivoluzioni


La nascita e i primi sviluppi della sociologia possono essere come una sorta di “autocoscienza” della modernità, cioè come il modo in cui la società occidentale cercò di rappresentare sé stessa dopo le tre grandi rivoluzioni, che ne avevano scosso le fondamenta. In ambito culturale, politico ed economico.

 La Rivoluzione scientifica
 La rivoluzione scientifica fu una fase di straordinario sviluppo della scienza, che si sviluppò a partire dal 600. Gli storici descrivono il sorgere della scienza moderna, quando gli sviluppi in matematica, fisica, biologia, chimica trasformarono la visione della società riguardo alla natura.
 La Rivoluzione scientifica è un portentoso movimento di idee che, a partire dall'opera di Copernico e Keplero, acquista nel Seicento i suoi caratteri qualificanti nell'opera di Galileo, trova i suoi filosofi – per aspetti differenti – in Bacone e Cartesio, ed esprime la sua più matura configurazione nell'immagine newtoniana dell'universo orologio. Negli anni che corrono tra Copernico e Newton muta l'immagine dell'universo, ma cambiano anche le idee sulla scienza, sul lavoro scientifico e sulle istituzioni scientifiche, sui rapporti tra scienza e società e tra sapere scientifico e fede religiosa.

 La Rivoluzione francese
 La Rivoluzione francese fu un periodo di radicale e a tratti violento sconvolgimento sociale, politico e culturale occorso in Francia tra il 1789 ed il 1799. Essa fu descritta dal pensatore francese Alexis
De Tocqueville, come una rivoluzione che non ha cercato solo quale fosse il diritto particolare del cittadino francese, ma quali fossero i diritti e i doveri generali degli uomini in materia politica.
In breve, la Rivoluzione francese segna il passaggio da leggi stabilite da un sovrano a leggi perfettibili create dall’accordo tra individui che si riuniscono; leggi scaturite dalla volontà dei soggetti.
Valori, l’uguaglianza dei cittadini, la libertà d’opinione, la superiorità assoluta della legge, affermati con chiarezza nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) costituiscono il fondamento della convivenza civile, delle sue norme, delle sue funzioni e del suo valore.

 La Rivoluzione industriale
 La Rivoluzione industriale fu un processo di evoluzione economica ed industrializzazione della società che da sistema agricolo-artigianale-commerciale divenne un sistema industriale moderno caratterizzato dall’uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall’utilizzo di nuove fonti energetiche (combustibili fossili).
Essa comportò ad una profonda ed irreversibile trasformazione
sistema produttivo fino a coinvolgere il sistema economico nel suo insieme e l’intero sistema sociale.
Nacque così la classe operaia; sorse anche il capitalista industriale, imprenditore proprietario della fabbrica. Si modificano i tradizionali legami sociali e vengono stravolte consolidate modalità di vita e di intersezione tra le persone.
La Rivoluzione industriale obbligò la cultura a ripensare su nuove basi il problema della convivenza civile, delle sue norme e dei suoi valori.

Alle origini della sociologia



A partire dalla metà del XIX secolo nasce una nuova scienza: il sapere sociologico si costituisce come “branca scientifica autonoma”. In questo periodo vengono istituite le prime cattedre universitarie della nuova disciplina (1887, Bordeaux) presieduta da Émile Durkheim.

In contemporanea nascono le prime riviste specifiche come l’“America Journal of Sociology” pubblicata negli Stati Uniti nel 1895 e l’“Année Sociologique” nata in Francia nel 1896.

Nel 1892 nasce a Chicago il primo dipartimento di sociologia nella storia dell’università americana; nel periodo precedente la Prima guerra mondiale si afferma un’illustre scuola di pensiero e di ricerca, denominata “Scuola di Chicago”.

Scuola di Chicago

 

La Scuola di Chicago faceva capo a due sociologi: William Thomas (1863 - 1947) e Robert Ezra Park. (1864 - 1944). Essa può considerarsi come la prima grande scuola di sociologia americana. Tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 negli Stati Uniti il fenomeno dell’immigrazione provoca mutamenti importanti nella società nordamericana, che spingono molti sociologi a focalizzarsi su di essi. I problemi ai quali si dedicano Robert Park e gli altri esponenti della Scuola di Chicago sono l’immigrazione, i conflitti interetnici, la disgregazione sociale e la devianza.

La città, Chicago, è il loro oggetto di studio.

L’approccio degli esponenti della Scuola di Chicago è definito come ecologico, in quanto concepisce il comportamento dei gruppi nello spazio urbano sulla base di un modello naturalistico e inoltre pone attenzione ai contesti fisici entro cui si esplica il comportamento.

Una delle opere più importanti di R. E. Park è “La città”.

In tale saggio Park opera un’analisi della vita sociale nella città di Chicago e analizza le varie forme di interazione che si creano tra gli individui. La città per Park è coinvolta nei processi vitali della gente che la compone ed è un prodotto della natura umana.

Egli nota come la divisione del lavoro conseguente all’urbanizzazione abbia creato nuove figure professionali e nuove istituzioni, che sostituiscono le tradizionali relazioni tra le persone (famiglia, vicinato).

Park afferma anche che l’ampiezza della popolazione urbana comporta una grande eterogeneità e l’affermarsi di condotte anticonformiste socialmente più accettate in un contesto cittadino, che in un contesto paesano, in cui verrebbero scoraggiate dalla disapprovazione sociale.

Infine, un altro aspetto che Park considera sono i diversi tipi umani che vivono nella città e che tendono a dare vita a tanti piccoli “mondi sociali”, fisicamente vicini a loro ma culturalmente distanti.

domenica 15 marzo 2020

Scienza della società

Il sapere sociologico può essere identificato con l’aggettivo “scientifico”.

L’opinione comune solitamente attribuisce il valore “scienza” alle discipline fisico-matematiche.

Proprio su questa identificazione riprendiamo in causa il sociologo Auguste Comte, il quale, elaborando una “scienza della società”, riteneva che l’umanità fosse giunta ad un momento cruciale della sua storia, caratterizzato dall’affermazione della mentalità scientifica in ogni ambito del sapere e della cultura. Il suo compito consisteva nell’applicare ai fenomeni sociali le procedure di tipo empirico, con lo scopo di cogliere le leggi generali che governano la vita sociale.

Nei giorni d’oggi questo modello è poco plausibile a causa:
- gli esseri umani non sono molecole o corpi celesti, per i quali non possiamo supporre una sicura costanza di comportamento ed un totale controllo.
- gli esseri umani, diversamente dagli oggetti del mondo fisico, sono dotati della capacità di attribuire significati e scopi al loro agire.

Per definizione di scienza si intende un insieme di conoscenze ottenute attraverso:
metodi di indagine empirici e sistematici
- uso di modelli teorici
      - pubblicità e controllabilità dei risultati ottenuti 

La sociologia è una scienza empirica, basata sulla necessità di verificare direttamente, tramite l’esperienza, la bontà e la plausibilità di un’idea o di un’opinione.


Paradigmi
In sociologia esiste uno stadio preliminare alla stessa elaborazione teorica. Consiste nell’assunzione di un quadro generale di sfondo entro il quale collocare teorie e dati.

Il filosofo statunitense Thomas Kuhn (1922 – 1996) ha chiamato “paradigmi” questi quadri di
sfondo.

Lo studioso rifiutava la concezione tradizionale della scienza come accumulazione progressiva di nuove scoperte, affermando invece, che in certi momenti (detti rivoluzionari) si interrompe il rapporto di continuità con il passato e si inizia un nuovo corso in modo non completamente razionale.

In realtà questa situazione è difficilmente riscontrabile; le differenti prospettive che gli studiosi adottano nello studio dei fenomeni sociali generalmente coesistono senza annullarsi.
I due principali paradigmi antagonisti sono:
  • il paradigma della struttura: (ispiratore Durkheim)
Si sostiene che per comprendere la società, è necessario studiare, considerare, le strutture fondamentali della società, perché solo studiando la società complessiva (famiglia, religione) è possibile comprendere la società e gli individui che ne fanno parte, perché quest’ultimi sono fondamentalmente orientati, condizionati e determinati dalla società. La società prima di tutto. 
  • il paradigma dell’azione: (ispiratore Max Weber)
Si sostiene il contrario, ossia per comprendere la società non bisogna studiare la società stessa, ma gli individui, le interazioni, ciò che fanno, e le azioni individuali. L’azione sociale è un’azione orientata verso gli altri, relazionale. Osservano l’azione dell’individuo, non si comprende l’individuo stesso, ma l’intera società.


Società come appartenenza


In questo caso la socialità umana non pone l’accento sulla destinazione naturale di ogni individuo, ma sulla sua appartenenza sociale. L’esistenza umana non si svolge solo in reciproca relazione con altre esistenze, ma “in una società determinata”, all’interno della quale l’individuo compie, nel breve spazio della sua vita, le esperienze comuni ad ogni essere umano:                              
crescere, imparare, conoscere nuove persone, operare scelte autonome nel campo affettivo e quello personale.



In questa società determinata ogni esperienza di cui l’uomo è protagonista avviene all’interno di un contesto di norma, di valori, di modelli d’azione e di valutazione socialmente determinati. È proprio la consapevolezza di questo aspetto a rappresentare la specificità della sociologia.

 L’immaginazione sociologica

Questa appartenenza sociale presuppone la capacità di identificare la “società” con un’identità a sé stante. Si tratta di un’operazione che richiede un notevole lavoro di astrazione; consiste nel rintracciare all’interno di ciò che si offre alla nostra osservazione – persone, eventi, situazioni –, la presenza di norme, istituzioni status ed altre realtà simili.

Il sociologo statunitense Charles Wright Mills (1916 – 1962) chiama questa capacità immaginazione sociologica. Secondo Mills è la capacità di vedere e valutare il contesto dei fatti storico-sociali all’interno del quale l’esperienza degli esseri umani acquista significato e può essere valutata.

Secondo l’autore sono due le implicazioni di questa capacità immaginativa:
- Saper collocare gli eventi in un determinato contesto sociale; consente di intervenire sulle cognizioni spesso superficiali che l’uomo tende ad elaborare su sé stesso e sull’ambiente in cui vive, mostrando come ogni affermazione o giudizio sulla realtà umana sono sempre contestualizzati in riferimento a una specifica struttura sociale.
- La capacità di “educarele persone a leggere le proprie esperienze individuali con maggiore lucidità, cogliendo in esse l’emergere di temi e problemi di interesse pubblico.

Cioè, in tutte quelle situazioni in cui le persone avvertono la sensazione di perdere il controllo della propria vita, l’immaginazione sociologica permette all’individuo di trasformare il disagio in consapevolezza attiva, capace di orientare il suo pensiero e il suo agire in direzioni ragionevoli.


Società come destinazione



La socialità si identifica con la spinta associativa che induce l’uomo, per tendenza spontanea o per altre necessità inevitabili, ad unirsi con i suoi simili.

Il filosofo greco Aristotele definisce l’uomo “animale sociale”, cioè incapace di realizzare il bene e di conseguire la felicità al di fuori della comunità e dell’unione con altri individui.
Chi fosse al di fuori di questa definizione, secondo Aristotele, l’essere poteva essere o spregevole, o più che umano, cioè un dio. Il filosofo ritiene la società un progressivo ampliamento dell’istinto associativo che spinge l’uomo ed una donna a mettersi insieme per formare una famiglia per poi unire più famiglie costituendo un villaggio e infine più villaggi tra loro per formare un’entità più grande, cioè una polis (città, Stato).
Il filosofo inglese Thomas Hobbes, discostandosi dall’interpretazione aristotelica, considera:


l’uomo un essere fondamentalmente “asociale”, il quale cerca l’associazione con altri individui per motivazioni utilitaristiche, cioè per trarne vantaggi e benefici personali. Per Hobbes la nascita della società è necessaria con il superamento del cosiddetto “stato di natura” (condizione umana quando l’individuo è abbandonato ai suoi istinti primitivi).
Infatti, nello stato di natura, non esistono norme, né valori, né criteri certi di condotta.
La lotta per la sopravvivenza è l’unico movente che guida le azioni degli individui, minacciando in questo modo l’esistenza di ognuno.
In questa situazione gli uomini sarebbero condannati a vivere nel continuo terrore della morte e l’approdo ad una nuova condizione, quella sociale, in cui la sottomissione cosciente di tutti alle norme, garantisce ad ognuno di condurre un’esistenza tranquilla e sicura.

Sia Aristotele sia Hobbes riconoscono dunque nella società la destinazione irrinunciabile dell’esperienza umana: o per istinto naturale o per drammatica necessità l’uomo non può vivere al di fuori di essa.

La società




Il termine “sociologia” compare per la prima volta nel “Corso di Filosofia Positiva”, un’opera del filosofo francese Auguste Comte, pubblicata tra il 1830 ed il 1842.



Essa viene considerata come discorso scientifico sulla società; in realtà ci si pone alcuni interrogativi e problemi. Infatti, non solo la sociologia, ma tutte le scienze sociali, come la psicologia e l’antropologia hanno per oggetto la società e non solo, perché anche il diritto, l’economia o la storia si riferiscono ai processi della realtà sociale. A questo punto ci si chiede che cos’è propriamente la società? E quali sono gli ambiti specifici del discorso sociologico?

Sono proprio questi gli interrogativi di fondo ad aver mosso la riflessione dei primi sociologi e le diverse risposte date dei vari pensatori.


 Il termine società, in senso generale, è un’associazione di più persone che si riuniscono per gli scopi più disparati; in senso più specifico è una particolare organizzazione che caratterizza una determinata collettività. Infatti, viene utilizzato in contesti molteplici e differenti.

Per capir meglio cosa si intende, ai giorni d’oggi si parla comunemente di società “sportive”, società “per azioni”; determinati giochi e passatempi li definiamo “di società”; sui libri di storia studiamo la società “antica”, “medievale” e qualifichiamo la nostra società come “occidentale” o “di massa”.



  •  Il termine “società” definisce genericamente un’associazione di persone che si uniscono per perseguire scopi comuni (società sportive o quando si dice “mettersi in società”).
  • Il termine “società” indica qualcosa di più specifico, cioè la particolare organizzazione, definita da modelli di comportamento, strutture e di interazione tra gli individui, che caratterizza una collettività in un dato punto dello spazio e/o del tempo (società contemporanea, società occidentale).


In conclusione, si può affermare che il termine società corrisponde a due modi di intendere la “socialità” dell’essere umano:
- la società come destinazione propria dell’esistenza umana;
- la società come appartenenza ad un contesto sociale determinato.