giovedì 9 aprile 2020

Il funzionalismo


Nell’approccio sociologico del funzionalismo la società è intesa come un insieme di parti interconnesse, nel quale nessuna parte può essere compresa se isolata dalle altre. Si tratta di concepire la società alla stregua di un organismo vivente, i cui componenti si possono descrivere solo illustrando la “funzione” che assolvono nell’organismo stesso. Lo sviluppo di una vera e propria teoria del funzionalismo si può rintracciare nella produzione scientifica di Émile Durkheim, che per primo enuncia l’esigenza di indagare con relazioni significative tra eventi e fenomeni, che non siano riconducibili ad azioni consapevoli. Concretamente, il funzionalismo spiega la società riconoscendo una corrispondenza tra le “strutture che la società stessa si da e i bisogni sociali a cui tali strutture rispondono. 

Talcott Parsons

Talcott Parsons (1902-1979) è stato un sociologo statunitense, il quale produsse una teoria generale per l’analisi della società chiamata “struttural-funzionalista”. 

In quest’ultima sono evidenti i richiami a Durkheim, Weber, all’antropologia culturale, nonché all’antropologia.
Parsons definisce il sistema come un insieme interrelato di parti che è capace di autoregolazione e in cui ogni parte svolge una funzione necessaria alla riproduzione dell’intero sistema. Ogni sistema deve essere in grado di svolgere almeno quattro funzioni (secondo il modello AGIL):
  • Adattamento all’ambiente; il sottosistema che svolge questa funzione è il sottosistema economico.
  • Definizione dei propri obiettivi; il sottosistema che svolge questa funzione è il sottosistema politico.
  • Integrazione delle parti componenti; i sottosistemi che svolgono questa funzione sono il sottosistema giuridico e il sottosistema religioso.
  • Conservazione della propria organizzazione; i sottosistemi che svolgono questa funzione sono il sottosistema della famiglia e il sottosistema della scuola.
In realtà nella visione di Parsons gli individui non sono singole persone, ma persone che svolgono dei ruoli specifici, modelli di comportamento regolati da norme e regolati all’espletamento di una funzione.
Parsons definisce “variabili strutturali” i vari ruoli in riferimento a determinati parametri, sulla base dei quali è possibile classificare società e culture diverse. Essi sono descrivibili nella forma di “coppie di condizioni tra loro alternative”.
Lo studioso ne individua cinque:
  • Particolarismo/universalismo. È la differenza tra il comportamento di un genitore e quello di un giudice. Il primo è ispirato a criteri particolaristici, che magari avvantaggiano il figlio ma non un altro individuo. Il secondo è ispirato a criteri universalistici, le regole che applica valgono per tutti indifferentemente ("la legge è uguale per tutti").
  • Diffusione/specificità. Nel primo caso l'azione è orientata a tener conto di tutti gli aspetti della personalità di chi mi sta davanti, nel secondo l'azione si basa sul ruolo: quando interagisco con un amico tengo conto dell'insieme della sua personalità; quando un commesso interagisce con un cliente tiene conto solo dell'aspetto "cliente" di quell'uomo.
  • Ascrizione/acquisizione. È l'importanza che una società attribuisce a chi ha tratti derivatigli dalla nascita quali colore della pelle o famiglia di provenienza (ascrittivi), oppure per ciò che quell'individuo è stato capace di realizzare nel corso della sua esistenza (tratti acquisitivi).
  • Affettività/neutralità affettiva. La differenza tra sistemi d'azione nei quali vi è una gratificazione affettiva (madre/figlio) o dove le relazioni si basano sul distacco affettivo (funzionario/cliente).
  • Interessi collettivi/interessi privati. Il diverso orientamento nell'agire degli individui; il medico è orientato verso interessi collettivi, l'imprenditore verso interessi privati (il proprio utile).

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